Epifania E Fede

01.01.2025

Adorazione dei Re Magi, anonimo, XV secolo


01.01.2025 -  #religionecattolica


Estratto dal libro TRINOTEUCO Tomo I, 
Ia edizione 01-2024 Gedi Digital. ISBN: 979-12-22802-70-1;
Capitolo IV – Epifania e Fede (pag. 47>59).


Epifania e Fede


La Nascita

La nascita di Gesù ci arriva attraverso i Vangeli di Matteo e Luca che si intrecciano e completano a vicenda, mentre quelli di Marco e Giovanni iniziano dal battesimo. Il Vangelo di Matteo presenta la Genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio d'Abramo (Mt 1,1). La successione genealogica si articola in tre periodi di 14 generazioni: da Abramo a Davide, da Davide a Ieconia, e quindi dopo la deportazione in Babilonia da Ieconia a Giuseppe sposo di Maria. Lo scadere della XIV generazione indica, quindi, per le scritture, la venuta di un uomo per mezzo del quale Dio avrebbe mantenuto le promesse fatte ad Abramo e a Davide. Vale a dire l'instaurazione di un Nuovo Regno Davidico che non avrebbe più avuto fine. Quindi, continua testimoniando l'annunciazione a Giuseppe, dove un angelo lo esorta affinché non segua le usanze di quel tempo e non allontani da sé Maria giacché era incinta per opera del Santo Spirito, presentando il concepimento come un fatto prodigioso: Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio, e lo chiameranno Emmanuele che significa con noi (è) Dio (Mt 1,23).

Luca, invece, cercando di fissare precisi riferimenti temporali per quell'epocale evento espone tre fatti importanti:

1) Lc 1,5.13 testimonia la data di concepimento del Battista attraverso l'annunciazione a Zaccaria fatta dall'angelo Gabriele nel Tempio mentre il sacerdote era davanti a Dio nel Santo dei Santi, nel giorno dell'espiazione o Yom Kippur;

2) Lc 1,26.56 testimonia l'annunciazione dell'Angelo Gabriele a Maria, fatta al sesto mese di gravidanza di Elisabetta, e la successiva visita di Maria alla cugina.

3) Lc 2,1.7 testimonia che Giuseppe e Maria, a seguito di un Censimento ordinato da Cesare Agusto, partirono per Betlemme, perché da lì aveva origine la discendenza davidica di Giuseppe, che lì doveva rinnovarsi per consuetudine familiare e giudaica.

Grazie a queste tre importanti testimonianze e a dati storici e scientifici si riesce a sostenere validamente la data del 25 dicembre del 7 a.C. come data di nascita di Gesù di certo ed importante riferimento (per approfondimenti si veda pp 319>334).

Luca in 2,1.5 riporta precisi dati della Roma imperiale, cercando di inserire l'evento all'interno di una cronologia storica universale e motivare lo spostamento della sacra famiglia a Betlemme e così testimonia: Lc2,1 Avvenne dunque in quei giorni (che) uscì un decreto di Cesare Augusto per censire tutta la terra abitata. 2Questo primo censimento avvenne quando era governatore della Siria Quirino. 3Andavano tutti a farsi censire, ciascuno nella sua città. 4Salì, dunque, anche Giuseppe dalla città di Nàzareth in Galilea alla città di Davide che si chiama Betlemme in Giudea, infatti lui era della casa e famiglia di Davide, 5per farsi censire con Maria sua sposa, che era gravida.

Dalla pur brevissima descrizione, degli eventi, comprendiamo che Giuseppe e Maria partirono, con poche cose ed un asinello, certi che Dio li avrebbe assistiti. Nessuno, però, ebbe un moto di carità per quella donna prossima al parto.

Com'è possibile? Dio è con loro; eppure, si trovano nella più grande miseria?

Miseria, è vero, ma solo apparente! Possiedono, infatti, una grande ricchezza spirituale, un amore profondo li attraversa. Dio è con loro! Giuseppe e Maria affrontarono con fede quelle difficoltà. Nella fede, infatti, risiede la consapevolezza che la volontà di Dio si adempierà, nelle sue mani è posta la nostra esistenza.

Tuttavia, vi è anche un significato meno evidente che è pure essenziale comprendere, perché questo fatto abbia il suo pieno valore teologico, Gv 1,9.13: 9Era la luce vera, quella che veniva nel mondo, che illumina ogni uomo. 10Era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, e il mondo non lo conobbe. 11Venne fra le proprie cose, ma i suoi non lo accolsero. 12A quanti però lo accolsero, che credono nel suo nome, (egli) diede a loro (il) potere di divenire figli di Dio, 13i quali non da sangue, né da volontà di carne, né da volontà di uomo, ma da Dio furono generati.

Maria e Giuseppe non hanno interesse alle cose del mondo, si sono affidati completamente a Dio ed hanno preparato a Gesù, nella loro sola famiglia, il suo posto nel mondo. Il mondo non accoglie Gesù perché egli non è del mondo, e il mondo non gli interessa, egli per il mondo sarà contraddizione. Yhwh, scelse un territorio aspro e un popolo duro, per lo più pastori e contadini che vivevano con un faticoso lavoro, un posto difficile dove seminare la sua parola, forse volle dare di più, dove di più vi era necessità. Lì, sin dall'inizio si prefigura la sua esistenza, con la presenza di Roma, vi era, infatti, la certezza della Croce.

Lì, il vecchio Re dei Giudei, grande per le cose vane e materiali del mondo, piccolo e tetro, fosco e diffidente, dissoluto e crudele, nelle cose dello spirito, pone fine ai giorni oscuri del suo regno terreno.

Lì, il nuovo Re dei Giudei, il Cristo, distaccato e indifferente alle vacuità terrene, proteso verso l'amore, il perdono e la purezza dello spirito, colui che donerà sé stesso per la salvezza degli uomini, pone le fondamenta per il Nuovo Regno. A un Israele della carne si contrapporrà d'ora in avanti un Israele dello spirito.

Jeshû ben Josef, ossia: Gesù di Giuseppe nacque a Betlemme di Giudea, così ci dicono Matteo e Luca, fu detto poi ha nôserî che significa il Nazareo o il Nazareno cioè di Nàzareth.

A questo punto i due vangeli, Matteo e Luca, continuano intrecciandosi e completandosi ancora a vicenda. Luca espone, i primi eventi della natività avvenuta in una grotta, mentre Angeli del cielo innalzavano a Dio canti di gloria e testimoniavano la nascita della Divinità annunciandola ad alcuni pastori. Espone, quindi, sulla circoncisione e la presentazione al Tempio. In 2, 21.22 testimonia che Gesù nato a Betlemme fu lì circonciso dopo otto giorni circa dalla nascita. Subito dopo, essendo trascorso il tempo della purificazione, fu condotto al Tempio in Gerusalemme. Rito che avveniva in osservanza alla Legge sulla presentazione al tempio, testimoniata anche da Lc 2,23: Ogni maschio primogenito sarà considerato santo al Signore. Al tempio vi è quindi l'incontro con il vecchio Simeone che rivela e chiarisce la figura di Gesù in Lc 2,34: «Ecco, egli è posto … in segno di contraddizione». Gesù è contraddizione giacché ci pone in rottura costante con ciò che in noi stessi è mondo, carne, materia e desiderio.

Matteo, invece, in 2,1.23 ci narra dei Magi e di Erode che vuole uccidere il piccolo Jeshû, della fuga in Egitto e della strage degli innocenti, cui segue il ritorno a Nàzareth dopo la morte di Erode. Episodi, questi, che ne prefigurano la tragica fine. Episodio che sembra non si accordi temporalmente con la narrazione di Luca. Questo se s'interpreta erroneamente che la visita dei Magi sia avvenuta 13 giorni dopo la natività, cosa suggerita dalle cadenze del culto ecclesiastico e sostenuta da vari vangeli apocrifi dell'infanzia di Gesù (tra questi: Codice Arundel 404; Codice Hereford 0.3.9). Questi codici partendo dal presupposto errato che la visita dei Magi sia avvenuta tredici giorni dopo la natività, tentano ingenuamente di sanare la questione. Propongono, in sostanza, una sequela apparentemente ragionevole e accettabile degli eventi che, tuttavia, rimangono inconciliabili con altri elementi della narrazione. Il tredicesimo giorno dalla nascita, in buona sostanza, non poté esservi l'adorazione dei Maggi. Luca e Matteo legano in continuità questo è certo, però in un maggiore arco temporale. I Magi compirono l'adorazione quando Gesù aveva poco più di un anno e si trovava in un'abitazione: Mt 2,11: Ed entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre (vedasi tavole).

I Magi/Magòi, Sacerdoti di Zoroastro, astrologi esperti in astronomia, venivano dai lontani territori della Partia persiana. Non potevano quindi arrivare dopo pochi giorni di viaggio. Partirono quando videro l'evento cosmologico della triplice congiunzione Giove Saturno (7 a.C.), che simbolo della stella reale di Davide indicava Israele. Evento che era stato preceduto da quello della precessione degli equinozi. Quest'ultimo mutamento astronomico, vide il Sole passare i punti equinoziali da Ariete e Bilancia in quelli di Pesci e Vergine, dove si trova ancora oggi. Fu un fenomeno epocale ed in molte culture si sperava finalmente nella vittoria del bene sul male. Per i Magi questi eventi indicavano una Vergine, dalla quale in Israele sarebbe nato un Salvatore/Saošyant. Fenomeni celesti che la tradizione cristiana indicò col tempo come stella cometa, perché sono anche chiamati stelle reali, ovviamente invisibili ad occhio nudo (vedasi apposite tavole). Inoltre, Matteo induce a dedurre che svelarono a Erode proprio il fatto che la stella, che solo loro vedevano, era apparsa da poco più di un anno, tant'è che Erode ordinò, secondo l'indicazione artatamente estorta ai Magi, che fossero uccisi tutti i bambini sotto i due anni (Mt 2,7; 2,16). Il Codice A del Vangelo dello Pseudo Matteo (16,1) riporta, pertanto a mio avviso, correttamente la data dell'adorazione dei Magi al secondo anno della natività, indicandolo esplicitamente.

Miei studi, riportati nelle apposite tavole, approdati a una interessante conclusione, dimostrano che la visita dei Magi poté avvenire tra i primi di febbraio ed i primi di aprile del 5 a.C., vicino all'equinozio di primavera. In quel periodo, infatti, durante la levata iliaca, alle prime luci dell'alba si alzava nel cielo anche la costellazione dei pesci che i Magi riconoscevano come la stella che li aveva guidati. Tale data concorda anche con lo stato di salute di Erode che, gravemente ammalato in quel periodo, poté essere indotto a ritenere che la sua prossima fine dipendesse direttamente dalla nascita di questo nuovo e atteso Re d'Israele.

Il 4 a.C., come data della Visitazione, non è proponibile perché troppo vicino alla morte di Erode, che peraltro in quell'ultimo periodo di vita si trovava a Kallirroe e poi a Gerico (Ant. 17,6,5 -171>173; B.I. 1,33,5-8 – 656>665). La Morte di Erode il Grande, infatti, avvenne, come si è detto nell'introduzione storica, intorno al 10 di Nisan del 4 a.C., anno in cui si trovò a Gerico e non a Gerusalemme dove invece stette solamente sino al 5 a. C.

Il giorno della nascita è invece, implicitamente indicato in Lc 1,5 è tuttavia individuabile attraverso anche una lettura incrociata degli eventi alla luce del loro significato teologico, ed è pure individuato dalla tradizione dei padri della Chiesa. Miei recenti studi, relativi ai Calendari di Qumran, sulla scia di quelli fatti dal Prof. Shemarjahu Talmon, dimostrano, pure, come esegeticamente proponibile la data del 25 dicembre. Questi calendari riportano i cicli di turnazione dei sacerdoti di cui in 1Cr24,10 etra questi è indicato il sacerdote Abia, come della stessa classe sacerdotale di Zaccaria in Lc. 1,5. Pertanto, è possibile risalire alla data di concepimento del Battista e quindi a quella di Gesù (per approfondimenti si vedano le specifiche tavole).

Alla visita dei Magi, secondo Matteo, Gesù era nato da meno di due e più di un anno, se fosse stato un neonato, infatti, la formula espressa nelle lezioni Mt 2,1.2 - 2,7.8 – 2,11 e 2,16 sarebbe stata certamente diversa. Pertanto, è corretto ritenere che la nascita sia avvenuta alla fine di dicembre del 7 a. Cristo.

Il riferimento di Luca (2,1.3) a Quirino, che ci sposterebbe al 6 d.C., è pertanto errato e in contrasto con i dati storici. Inoltre, non vi sono tracce di documenti imperiali o altre fonti storiche che accennino ad un censimento Imperiale provinciale vicino alla data della morte di Erode il Grande. Né, peraltro verso, Quirino fu governatore in Siria mentre Erode era in vita. A ciò si aggiunge che nel periodo Erodiano sotto Augusto, non risulta fossero dovuti tributi o tasse ai Romani e pertanto non potevano essere indetti censimenti fiscali da Roma. Quindi il censimento di Quirino non può essere ricondotto alla natività. Luca fu probabilmente tratto in errore dai seguenti fatti:

1) Il Sommo Sacerdote Joazar fu deposto due volte, la prima dopo la morte di Erode il grande per volere di Archelao nel 4 a.C. (Ant. 17,13,1 - 339) la seconda da Quirino tra il 6 e il 7 d.C. (Ant.18,2,1 – 26);

2) Giuda di Ezechia si ribellò la prima volta subito dopo la Morte di Erode nel 4 a.C. (Ant.17,10,5 – 271-272). Mentre, per la seconda volta si ribellò sotto Quirino per il censimento del 6/7 d.C. (Ant. 18,1,1 – 4>10).

3) Nell'8 a.C. Fu indetto da Augusto un censimento universale, quando in Siria era governatore Gaio Senzio Saturnino. Censimento riservato ai soli cittadini Romani (census populi romani: Tacito, Tertulliano) e i Giudei sotto Erode il Grande lo erano. Questo tipo di censimento non era, però, a fini fiscali bensì militari e mirava in sostanza a verificare le capacità militari su cui i Romani avrebbero potuto confidare.

4) Intorno al 9/7 a.C. poté ricadere un censimento in Egitto per scadenza del periodo censiario di 14 anni, ciclo storicamente attestato dal 24/23 a.C. al 33/34 d.C. Evidentemente Luca, interpretò erroneamente che le vicende di Joazar e Giuda non fossero episodi replicatisi due volte, così come pure i due censimenti, pur essendo il primo universale e il secondo provinciale. Considerò cioè tali fatti come avvenuti una sola volta. Ne deriva una fusione degli elementi "Augusto" e "Quirino" in Lc 2,1.2, che comportano un'oscillazione della data di nascita di Gesù tra le date dei due censimenti. D'altronde Luca, subito dopo, in 3,1.2, di cui si espone nel capitolo sul battesimo, riconduce la natività nel periodo vicino alla morte di Erode il Grande. Inoltre, lo spostamento a Betlemme per motivi di legislazione giudaica, cui Luca si riferisce, non è pertinente alla legislazione romana secondo la quale il censimento di Quirino era ordinato. Tali motivi sono invece validi sotto la legislazione giudaica di Erode Il Grande e non in contrasto col censimento di Augusto.

Quindi, infine, all'evangelista possiamo ascrivere solo l'errore di avere messo insieme i due censimenti dell'8 a.C. e del 6/7 d.C., con tutti gli avvenimenti tra essi intercorsi, rimanendo invece validi gli altri elementi della lezione.

L'Infanzia

I vangeli canonici ci lasciano pochissimo sull'infanzia di Gesù, volendo evidentemente mantenere un nascondimento generale, come abbiamo visto anche sulla data della nascita. Gli apocrifi invece, meno attenti alle sfumature teologiche ed all'impostazione generale dei vangeli canonici, tentano ingenuamente di colmare le apparenti lacune dei primi. I quattro vangeli hanno invece una struttura e una diversità tale che, anche se visti separatamente, riescono a darci un'immagine pluridimensionale che in fine riconduce all'unità in corretta prospettiva. Inoltre, concentrano l'attenzione sul Verbo e volutamente velano e nascondono l'uomo, a indicare che ciò che conta è Dio e il suo insegnamento.

Nulla deve farci distogliere lo sguardo da lui. Teologicamente, in maniera sottile e raffinata, indicano che solo la fede conduce e mantiene vicini a Dio, essa non distrae, anzi pone a suo stretto contatto. La storia è invece radicata profondamente nel mondo, essa comunica notizie, racconta fatti, dà spesso certezze, ma solo su cose umane e terrene. Non può aversi una certezza storica su fatti soprannaturali, questi, anche se narrati con precisione o testimoniati con convinzione, rimarranno sempre fatti storicamente dubbi. Ciò che, infatti, non è certo è l'evento soprannaturale perché non scientificamente riproducibile ai fini di verifica.

Questo, ritengo, è sostanzialmente il motivo per cui i Vangeli canonici mantengono un pudico riserbo. Le verità di cui qui si parla sono protette, come lo stesso Gesù fa utilizzando il linguaggio della parabola, facendo in modo che chi non comprenderebbe non possa avere inutili spunti per irridere del Verbo di Dio. Sembrerebbe che io non voglia dare importanza alla storia, ma in realtà al contrario gliene do tantissima, tant'è che mi sono cimentato in questo lavoro, e devo dire, non per provare, bensì per trovare. Ecco, allora, cercando di mantenere l'austero assetto dei Vangeli canonici, attingerò solo qualche notizia dagli apocrifi, riportando quelle trattate dalla maggior parte dei testi e che ritengo interessanti per il fine postomi con questo lavoro.

Tutti gli scritti riportano unanimemente che Gesù sin da bambino fosse perfettamente compiuto da un punto di vista intellettivo e di conoscenza, capace di fare e dire tutto ciò che riteneva e decideva di fare e dire. La credenza, che si estese anche nell'Islam, è attestata persino dal Corano nel brano della sûra XIX che abbiamo già riportato. Anzi, il Corano assieme ad un Vangelo arabo sull'infanzia gli attribuiscono queste facoltà sin dalla nascita.

Così riporta una lezione di questo vangelo arabo:

- Gesù parlò quando era ancora nella culla e disse a sua madre Maria: «Io sono Gesù figlio di Dio, il Logos, da te generato secondo quanto ti aveva annunziato l'angelo Gabriele. Mio padre mi ha inviato per la salvezza del mondo» (Vangelo arabo in 1,1).

La lezione apparentemente improbabile se vista in contrasto alla natura umana, soggiacente all'incapacità della storia a dare attendibilità a fatti soprannaturali, anche se testimoniati, acquista invece un'altra luce se ne si considera il contenuto teologico. Essa vola molto al di sopra della capacità di un qualsiasi autore a poterla esporre in maniera credibile, allora non resta che affidarla a una scrittura scarna ed asciutta, così diretta e semplice da potere sembrare ingenua. Certo non possiamo dire quante di quelle parole siano state dette da Gesù, o in che maniera le abbia espresse e se le ha dette? Il testo è molto più tardo rispetto ai vangeli canonici, la teologia riportata è tuttavia coerente. Gesù non dimostra, bensì insegna, e lo fa sin da subito, questa è la sua missione. Non è un bambino qualunque, è il Salvatore, subito consegna alla madre ed al mondo il senso più profondo della sua esistenza.

Del successivo viaggio in Egitto sono date molte versioni apocrife, che riportano diversi fatti e miracoli che lo resero meno faticoso e più sicuro. Dei tanti episodi, farò però cenno solo di alcuni qui di seguito, perché non privi di valore teologico. Si narra di diverse guarigioni di lebbrosi e indemoniati che Gesù compì indirettamente, come ad esempio la guarigione di una bambina lebbrosa, la quale fu detersa con la stessa acqua con cui Gesù era stato lavato (Vangelo Arabo 17,1).

Suggestiva e spettacolare la guarigione del figlio indemoniato di un sacerdote che serviva e adorava un idolo. Il bambino, dell'età di tre anni, fu indotto da Gesù a porre intorno al suo capo una delle sue bende che erano state lavate da poco da Maria, restandone subito guarito. Poco prima l'idolo era caduto in pezzi, con grande timore degli Egiziani, dopo avere svelato la presenza in quel luogo dell'unico Dio (V. Arabo 10 - 11).

Da un punto di vista teologico, come si esporrà nel dedicato paragrafo, i miracoli rivelano la presenza concreta del Regno di Dio nelle immediate prossimità di Gesù. Comunque, quando la situazione palestinese, relativa alle insurrezioni e alla successione al potere dopo la morte di Erode il Grande, si stabilizzò, la sacra famiglia ritornò a Nàzareth. Su questo periodo si narrano altre storie tramandate dalla tradizione orale ed anch'esse raccolte in diversi scritti apocrifi ed in diverse lingue. Tra esse ne cito alcune famose e riportate da quasi tutti gli scritti con piccole variazioni tra le varie versioni:

- 1,1 Quando Gesù era ancora fanciullo e si avvicinava ai cinque anni, andava a giocare presso un corso d'acqua e presso rigagnoli: scavava, metteva l'acqua dentro, faceva pozzetti; poi iniziava da capo e purificava l'acqua con la sabbia, per radunarla poi, pulita, nelle pozzette. 2 Da quell'acqua purificata estraeva poi argilla molle con la quale una volta fece dodici passeri. Era un giorno di sabato e giocavano con lui anche altri fanciulli. 3 Allorché un ebreo vide ciò che egli, con i ragazzi, stava facendo, andò da suo padre Giuseppe per condurlo e mostrarglielo; intanto però gli disse: È bene agire così nel giorno di sabato e plasmare uccellini con questa argilla? –

4 Allorché giunse, Giuseppe lo rimproverò dicendogli: - Perché tu fai questo nel giorno di sabato? – Udito questo, prese a battere le mani e, davanti a tutti, fece volare via quei passeri, dicendo: - Volate e ricordatevi di me vivo. – I passeri se ne volarono; se ne andarono via con frastuono. 5 Visto questo, un fariseo rimase atterrito e cadde; poi corse a raccontarlo ai suoi amici. (Frammento georgiano sull'infanzia di nostro Signore 1,1.5).

A causa della diversità che Gesù manifestava, insorsero molte incomprensioni e paure nella piccola comunità. Difficoltà che si erano talvolta manifestate anche in altri luoghi dove la sacra famiglia si era spostata. Ciò almeno ci consegnano diversi apocrifi. Comunque, alcuni dottori si offrirono come maestri per il piccolo Gesù. Tuttavia, a questi fu impossibile potergli insegnare qualcosa, infatti, Gesù dimostrò facilmente, con loro grande imbarazzo, che lui era il maestro e loro al massimo potevano essere gli allievi.

- 1,19 Il maestro Zaccheo lo ammaestrava ripetutamente; iniziò ad insegnargli di nuovo l'alfa e la ripeté affinché egli rispondesse, ma stava zitto. 20 Allora quel maestro si stizzì e lo percosse sul capo. Il fanciullo gli rispose: - Mi meraviglio grandemente che insegnino gli ignoranti. Io sono più preparato di te a dire ciò di cui tu parli come bronzo sonante e cembalo squillante che non conoscono il suono delle parole né hanno pensiero e intelligenza. 21 E Gesù iniziò a recitare tutte le lettere dall'alfa fino all'omega con molta accuratezza. Poi disse: - Voi che non avete imparato l'alfa, come potete insegnare la beta. Spiegatemi prima quest'alfa, e poi crederò a quanto mi direte sulla beta. – Poi Gesù iniziò ad interrogare perché le prime lettere avessero quelle forme e quei nomi: diritte, spezzate, piegate, geminate… (Frammento georgiano sull'infanzia di nostro Signore 1,19-21).

- 9 Gesù aveva quasi sei anni quando sua madre lo mandò ad attingere acqua. Giunto che fu Gesù alla fonte, o al pozzo, vi era molta gente e spezzarono la sua anfora. Ma egli prese il mantello che indossava, lo riempì d'acqua e lo portò a Maria, sua madre. Vedendo il miracolo fatto da Gesù, la madre lo baciò e disse: - Signore, esaudiscimi e salva mio figlio!

14 Giuseppe mandò Giacomo a raccogliere legna, e Gesù gli andò dietro. Or mentre Giacomo raccoglieva sterpi, fu morso da una vipera e, a causa del veleno, cadde a terra come morto. A questa vista, Gesù soffiò sulla piaga, e subito Giacomo guarì e morì la vipera.

15,1 Pochi giorni dopo, morì un fanciullo suo vicino, e sua madre lo piangeva tanto. Udito questo, Gesù andò, si pose sul fanciullo, picchiò sul suo petto e disse: - Dico a te, fanciullo, non morire! Vivi! – E subito il fanciullo si alzò. Disse poi Gesù alla madre del fanciullo: - Prendi tuo figlio, dagli le mammelle, e ricordati di me. (Trattato sull'infanzia di Gesù secondo Tomaso – recensione latina 9 - 14 - 15,1).

- 11.1 Quando (Gesù) aveva l'età di otto anni, Giuseppe ricevette da una persona ricca l'ordine di farle un letto: era, infatti, falegname. Uscì dunque in campagna per prendere il legname, e anche Gesù andò con lui. Tagliò due tronchi, li riquadrò con la scure, li pose l'uno accanto all'altro e, misurando, trovò che uno era più corto dell'altro. 2 Vedendo ciò, Gesù gli disse: - Accosta questi due, di modo che le estremità di entrambi siano pari. – Giuseppe rimase perplesso a proposito di questo, cioè a riguardo di quanto voleva il ragazzo, ma fece come gli era stato ordinato. Gli disse ancora: - Tieni bene fermo il tronco corto! – Giuseppe pieno di stupore lo tenne fermo. Gesù prese allora l'altra estremità e la tirò tanto da farla uguale a quella dell'altro tronco. Disse poi a Giuseppe: - Ormai non affliggerti più, ma prosegui il tuo lavoro senza alcun impedimento. – Vedendo ciò egli restò strabiliato e diceva tra sé: - Felice me, giacché Dio mi ha dato un tale ragazzo. (Scritto del Santo Apostolo Tomaso sul modo di vivere del Signore nella sua infanzia – recensione greca B; 11,1.2).

Da parte dei Vangeli canonici ci perviene, invece, una sola lezione di Luca. Questa narra che alla sua prima visita al Tempio, Gesù all'età di dodici anni, durante un pellegrinaggio che annualmente i suoi genitori solevano fare a Gerusalemme per il rito della Pasqua, rimase nel tempio per tre giorni. Lì discuteva con i sacerdoti, senza che i suoi genitori sapessero dove si trovasse. L'episodio è testimoniato da Luca in 2,40.52.

Nulla è scritto a caso nei Vangeli, Luca evidentemente riporta l'episodio per darci un'immagine, quasi fotografica, dell'adolescenza di Gesù, attraverso la quale vuole farci rendere conto che la sua conoscenza era innata. Infatti, anche se certamente entrambi i suoi genitori conoscevano profondamente le scritture del Vecchio testamento e potevano averlo istruito, ciò non sarebbe potuto bastare per interessare tanto i dotti del tempio di Gerusalemme. Poi, ancora ci mostra il volto di un adolescente che, se pur proteso verso le cose del Padre suo celeste, rimane sottomesso e rispettoso verso i suoi genitori terreni. Infine, mostra anche il non facile ruolo di tali genitori, cui talvolta non rimaneva che meditare sulle ragioni del figlio custodendo nel proprio cuore ogni parola, ogni gesto. Quest'ultima considerazione come si vedrà più avanti è rilevante ai fini del culto Mariano.

La Fede

Tutti questi riferimenti hanno per noi notevole interesse da un punto di vista storico; essi assieme a quelli biblici e ad altri dati storici ci aiutano a fare una ricostruzione ambientale, culturale e sociale di quel periodo, che consente una più chiara comprensione di Gesù di Nàzareth. Personalmente, ovviamente come credente, ritengo che volutamente nostro Signore abbia voluto lasciare minore visibilità e importanza all'Uomo Gesù e maggiore evidenza e rilievo al Figlio di Dio. D'altronde, è facile comprendere che le tracce dell'uomo conducono all'uomo e non possono condurre al Dio. Per altro verso, tuttavia, anche della sua essenza divina non volle lasciare prove/segni incontestabili, non volle cioè dimostrare inconfutabilmente che era il Figlio di Dio. Infatti, se avesse fatto ciò avrebbe condizionato pesantemente le nostre scelte, svilendo il libero arbitrio. Pertanto, dobbiamo ritenere che entrambe le piene rivelazioni avrebbero sviato l'attenzione dal vero punto nodale che è quello di metterci nelle condizioni di fare una scelta.

Egli vuole che ognuno di noi, per ciò che è, e sente nel suo cuore, faccia la propria scelta tra bene e male. Perché ognuno, per ciò che veramente vuole essere nella profondità della sua anima, affronti il giudizio finale. Le stesse Sacre Scritture, infatti, ci dicono che il manifestare chiaramente la sua divinità è una delle tentazioni cui il demonio lo aveva esposto, ma alla quale non cedette. Infine, morire sulla Croce significò proprio accettare di morire da uomo, rifiutandosi coerentemente di manifestarsi clamorosamente come Dio nella sua immortalità. La stessa resurrezione, pur nella sua grandiosità, fu, infatti, intenzionalmente manifestata a pochi eletti. L'aspetto teologico ha, pertanto, maggiore rilievo, in un viaggio verso il Gesù figlio di Dio, ovviamente per chi ha fede. Allora ci viene spontaneo chiederci cosa è la Fede, poiché senza di essa la teologia ci apparirebbe come una sovrastruttura sviluppatasi attorno ad un'antica e bellissima storia vera che finisce purtroppo tragicamente.

Avere fede significa fidarsi, andare oltre la certezza storica e scientifica. Significa, come già abbiamo avuto modo di rilevare, attraversare il buio più profondo nel momento pieno della contraddizione.

D'altra parte, se ci fosse una certezza storica e scientifica avremmo la conoscenza e certamente non ci porremmo il problema del credere. Tuttavia, come vedremo ciò è cosa ben diversa dalla Fede.

Ma, allora, come si può avere la fede? Perché alcuni credono e altri no? Le Sacre scritture rispondono a ciò con chiarezza:

Io sono il buon pastore e conosco le mie (pecore) e le mie (pecore) conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre e do la mia vita per le pecore» (Gv 10,14).

Lo circondarono i Giudei e gli dicevano: «Fino a quando ci tieni l'animo (in sospeso)? Se tu sei il Cristo, diccelo apertamente». Rispose loro Gesù: «Ve l'ho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi rendono testimonianza; ma voi non credete, perché non siete delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce ed io le conosco e mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano» (Gv 10,24.28).

Allora, lasciata la folla, entrò in casa. E i suoi discepoli gli si accostarono dicendo:

Spiegaci la Parabola delle zizzanie del campo. Allora egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo; il campo è il mondo e il buon seme sono i figli del Regno; le zizzanie invece sono i figli del male e il nemico che le seminò è il diavolo, poi la mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono (gli) angeli» (Mt 13,36.39).

Voi, dunque, intendete la parabola del seminatore: Se uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e porta via ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seminato presso la strada. Quello poi seminato sui terreni pietrosi è chi ascolta la parola e subito l'accoglie con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante; al sopraggiungere di una tribolazione o di una persecuzione a causa della parola, subito cede. Quello poi seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la parola e rimane senza frutto. Quello invece seminato sul terreno buono è colui che ascolta la parola e la comprende; costui pertanto porta frutto e produce dove cento, dove sessanta, dove trenta.» (Mt 13,18.23).

Gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero:

Perché parli a loro in parabole? Egli allora rispose loro: «Perché, a voi è stato dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, a loro invece no. Infatti, a chi ha gli verrà dato e sarà nell'abbondanza, ma a chi non ha gli verrà tolto anche quello che ha. Per questo parlo loro in parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono. Così si compie per loro la profezia di Isaia che dice: …» (Mt 13,10.15; si veda anche Is 6,9.10; Mc 4,11.12).

Queste parabole ci danno una risposta chiara: L'uomo è nel mondo terreno di semina. Tutti saranno raggiunti dal Verbo di Dio, che è il seme buono/Giustizia che cade su tutta la terra/umanità, poi vi sarà frutto buono, secondo la buona qualità o virtù del terreno/uomo buono, e nessun frutto dal terreno/uomo cattivo, o dai deboli o dai duri di cuore. Ma anche il demonio sparge il suo seme, la zizzania/ingiustizia, che cade su tutta la terra/umanità, poi vi sarà frutto cattivo, secondo le debolezze d'ognuno. Quelli che pur potendo essere di Dio, perché hanno compreso la sua parola ed è stato dato di conoscere i misteri del Regno dei cieli, essendo deboli non l'hanno seguito, vale a dire il seme caduto sui sassi e tra le spine, si trovano come quelli che non possono comprendere per durezza di cuore, vale a dire il seme sulla strada. Costoro, infatti, rimangono tutti a Lui estranei. Quelli ingravidati di zizzania, e nei quali il buon seme non è attecchito, infatti, divenuti falsi miti nel mondo, tendono a sviare gli uomini di Dio, e riescono su quelli più deboli. Dio ci conosce a fondo, sa come siamo fatti, sa chi darà buon frutto, nessun frutto o cattivo frutto. È per questo che usa la parabola, affinché le perle del Regno di Dio non vengano a cadere su un cattivo terreno, dove è certo che sarebbero vilipese. Il linguaggio veterotestamentario in Mc 4,11,12 e v. paralleli, mostra un Dio che sorregge il bene e il male, dove quest'ultimo è necessario per esaltare il bene, così lascia che satana indurisca il cuore dei deboli e di quelli che sono i figli della zizzania. In tal senso, conosce le sue pecore e le sue pecore conoscono lui, esse sono sensibili alla sua voce ed al suo dolce richiamo, solo la sua parola chiama e converte. Nessuna spiegazione o studio teologico o storico chiamano e convertono, ciò è esclusiva prerogativa del Verbo di Dio e del Santo Spirito. In maniera più radicale, e forviante se inteso superficialmente, San Paolo afferma, con la sua potenza oratoria, talvolta, più protesa all'evangelizzazione che alla teologia, in Rm 8,29.30:

Poiché (quelli) che preconobbe/προέγνω anche predestinò/προώρισεν con­formi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia primogenito tra molti fratelli. (Quelli) che poi predestinò, questi anche chiamò/ἐκάλεσεν, e (quelli) che chiamò, questi anche giustificò/ἐδικαίωσεν, (quelli) che poi giustificò, questi anche glorificò/ἐδόξασεν.

L'interpretazione delle lezioni paoline va rigorosamente ricondotta all'insieme teologico espresso dallo stesso, ma che in ogni caso deve essere conforme all'insieme della Scrittura.

Talvolta guardando un oggetto complicato, come un aereo, un orologio o un'autovettura, vi riconosciamo senza indugio la presenza di un'intelligenza generante: "il soggetto che l'ha generato". Nello stesso modo, talvolta, d'innanzi alla bellezza e perfezione della natura percepiamo in essa la presenza di un'intelligenza creatrice che la governa con precise leggi.

Questa percezione nel livello della sensibilità può indurci a una successiva riflessione nel livello intellegibile nel quale potremo accettare o negare l'esistenza di un Dio. Tuttavia, questa visione in termini realistici può solo servirci come stimolo iniziale per cercare un Dio in termini generici e non contraddittori con la scienza e la realtà. Essa, non potrà darci da sola ciò che è invece indispensabile alla vera fede Cristiana, che non può esaurirsi in un generico credere in un qualcosa.

Personalmente mi sono posto la domanda: perché credo e ho fede nel Dio uno e trino? Non ho trovato subito una risposta, guardavo a cose troppo complicate, invece era semplice: Io lo amo profondamente con tutto il mio cuore e sopra ogni cosa, in consapevolezza delle mie grandi debolezze ed inadeguatezze, certo della sua infinita misericordia. Lo amo! Ascolto la sua voce, mi propongo sinceramente di osservare il suo insegnamento. È Lui il mio Pastore, pertanto ho fede! Credere soltanto, nel senso di ammettere la sua esistenza, non significa nulla, infatti, Satana conosce, sa chi è Gesù, ma è completamente diverso da Lui, non può condividere i suoi piani, anzi gli si oppone. La fede, dunque, si manifesta solo con l'amore in Dio che si traduce in opere. Amarlo però, è possibile solo a chi gli appartiene per scelta personale e radicale che darà frutto, opere. Col solo credere in Dio, senza le opere del piano divino, saremmo come satana che pur conoscendolo segue il suo piano. Seguire la convinzione di poter credere senza osservare il progetto divino è da satana.

Fatta chiarezza su questo punto, posso dunque affermare che la teologia, come pure la storia, non hanno la funzione di far credere. Esse semplicemente servono, a chi già ha la fede, a trovare Gesù più intimamente e contribuiscono a darne un'immagine più nitida. Chi lo ama lo cerca, ha sete e fame di Lui, che placa nell'Eucaristia, nella preghiera, nella lettura assidua ed attenta della parola, nel fare opere di bene e nel diffondere le sacre scritture, dando frutto di raccolto, vale a dire anime.

A ciascuno di noi è data la scelta di spalancare a Lui il nostro cuore, ma a nessuno di noi è però dato di esprimere giudizi su chi è o non è di Dio.

I concetti sin qui spiegati necessitano, però, di un ulteriore chiarimento, che servirà anche da metodo di analisi per lo studio biblico. In Lc 7, 18.35 et Mt 11,2.24 Gesù aveva testimoniato in favore del Battista ed aveva evidenziato come tutti, e persino i pubblicani, si fossero pentiti dei loro peccati ed erano stati battezzati, tranne i farisei ed i dottori della legge o scribi che erano i teologi ed i loro maestri. A causa di ciò era seguita una rimostranza contro di loro ed un duro avvertimento contro le città che non si erano ancora convertite.

A tale episodio segue la narrazione di:

La peccatrice perdonata e il paradigma dei due debitori, Luca 7,36.50:

Gesù, in tal modo, pone l'accento sugli elementi fondanti per l'accesso al Regno di Dio: pentimento, perdono o Battesimo e fede. Invitando quindi, dopo l'aspro ammonimento, a una riflessione che attraverso il capovolgimento dei valori farisaico rabbinici possa condurre a una conversione. La narrazione, per la quale invito ad un'attenta lettura, espone di un pranzo in casa di un fariseo di nome Simone da cui Gesù era stato invitato. Appena adagiatisi a tavola una donna si avvicinò a Gesù e piena d'amore e gratitudine cominciò a lavargli i piedi con le proprie lacrime e ad ungerli con un prezioso unguento per poi asciugarli con i propri capelli. Simone sapendo che si trattava di una prostituta si meravigliò e rimase scandalizzato, dubitando quindi che il suo ospite potesse essere un profeta. Gesù avendo capito narrò la parabola dei due debitori a cui il debito era stato condonato dal creditore. Chiese quindi a Simone chi dei due fosse più grato e più mostrasse amore verso il creditore. Simone ovviamente rispose quello a cui di più era stato condonato. Gesù gli disse che aveva risposto correttamente, ma con grande sorpresa di tutti ribalta i valori correnti aggiungendo che quella donna aveva mostrato per lui grande amore con tutto quello che stava facendo, mentre lui, Simone, non lo aveva amato come aveva fatto lei. Ed aggiunse:

Lc7,47«A motivo di ciò ti dico: (le) sono rimessi i suoi molti peccati, poiché (mi) ha molto amato. Invece a chi è rimesso poco, poco (mi) ama». 48Poi disse a lei: «Sono rimessi i tuoi peccati». 49Allora i commensali cominciarono a pensare tra sé: «Chi è costui che rimette anche (i) peccati?» 50Quindi, disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata! va' in pace».

Il gesto della donna, pieno di gratitudine e d'amore mostra come lei sia già stata perdonata in precedenza attraverso il pentimento, il Battesimo e la fede in Lui, cose di cui Gesù aveva appena parlato e che erano state invece rifiutate da farisei e scribi. La donna mostra infatti un amore pieno di gratitudine; col Battesimo era stata mondata dal peccato originale e dai peccati personali. Rinascendo a vita nuova le era stata restituita la dignità dovuta ad un essere puro che accede alla Basilea. Al pentimento deve, infatti, seguire un atto vero di appartenenza che si concretizza nel Battesimo e nella fede in Gesù. Il fariseo invece non amava Gesù e non poteva provare per lui nessuna gratitudine perché non si era battezzato e convertito. Le parole, sono rimessi i tuoi peccati, servono pertanto a Gesù solo per far capire e confermare agli astanti che la via della salvezza passa dal pentimento, dal Battesimo e dalla fede in Lui. La Chiesa chiederà, in seguito, una riconferma di tali convinzioni nella Cresima e nella Eucaristia.

Claudio Gualtiero Maria Sala 

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