Dalla Festa delle Sorti alla Festa delle Capanne

15.02.2025

La Trasfigurazione, dipinto, Perugino.


15.02.2025 #religionecattolica



Dalla Festa delle Sorti alla

Festa delle Capanne

Estratto dal Libro Trinoteuco tomo I; Ia edizione 01-2024 Gedi Digital; ISBN: 979-12-22802-70-1
Capitolo VIII – La Divinità nel suo svelarsi (parte I), pag. 101>105.


La Festa delle Sorti: il Digiuno di Ester e i Purìm
(Gv 5,1.47 La piscina di Betzatà, l'opera del Figlio e il Giudizio; (Ester 1-10))

Gv5,1Dopo questi fatti, era (una) festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Questa festa precede di poco quella della seconda Pasqua in Gv 6,4.
Il Calendario delle festività ebraiche ci segnala che la festa immediatamente prima della Pasqua, precisamente un mese esatto, è quella delle Sorti che si svolge in due giornate consecutive, rispettivamente col nome di Digiuno di Ester e Purim (Sorti). I due giorni sono biblicamente fissati nel 14 e 15 di Adar ossia 28 e 29 febbraio/1° marzo (Est 9,21).

L'elemento temporale d'individuazione di questa festa, che nel Vangelo non è identificata in maniera esplicita, viene rivelato dall'insegnamento di Gesù che tende a richiamare e riformulare gli elementi della cultura religiosa del suo tempo. In questo caso si ha la lunga permanenza nella malattia di un infermo a cui segue la pronta guarigione per intervento di Gesù, l'episodio richiama il digiuno di Ester a cui segue la preghiera con cui ci si rimette nelle mani di Dio e poi la salvezza.

I Passi successivi, Gv 5,10.47, rievocano invece i contenuti del giorno dei Purìm. Il tema del valore della giusta testimonianza, infatti, richiama e si contrappone alla falsa accusa fatta da Aman al re Assuero. Infine, il re apre il libro delle cronache che svela l'innocenza di Mardocheo e le false accuse di Aman. Il giudizio di Assuero è istantaneo Mardocheo e il popolo Giudeo si salvano e si pongono vicino al re, Aman viene condannato a morte (Est 6,1.2).

Il giudizio di Dio sarà simile, si apriranno, infatti, i libri delle anime ed ogni cosa sarà svelata e la condanna o la salvezza saranno immediate. Le testimonianze del Battista e di Dio su Gesù sono vere, lo provano le opere che il Figlio compie. Adesso ogni cosa è nelle mani dei Giudei perché il giudizio di Dio sarà istantaneo: Con Gesù la salvezza, senza di lui il giudizio e la condanna.

Evidenziati i contenuti che contestualizzano Gv 5,1.47 come la Festa delle Sorti sarà utile vedere anche alcuni aspetti teologici e peculiari della narrazione e collegati alle dispute con i Giudei di seguito analizzati.


Le dispute con i Giudei 
(Dalla Festa del Digiuno di Ester alle testimonianze in favore di Gesù - Gv 5,1.47)

Giovanni pone l'accento sul forte contrasto con i Sacerdoti e i dottori della legge che rifiutano in toto il suo insegnamento e la sua testimonianza. I maggiori esponenti tra questi non vogliono neppure ascoltare le sue parole, come invece suggerirebbe Nicodemo. Giovanni fa emergere dalla discussione che pochi credono, e che altri pur credendo messi poi alla prova dalle parole di Gesù, cedono e sventolando, per giustificarsi, il loro indottrinamento gli si oppongono. L'Evangelista tocca inoltre tutte le tematiche di contrasto con la Hǎlãkãh, in fine però fa emergere il vero motivo per cui i sacerdoti e i dottori della legge non credono in Gesù, luce del mondo, neppure difronte al perfetto giudizio sull'adultera o al miracolo del cieco di Siloe o alla rivelativa resurrezione di Lazzaro, avvenuta subito dopo la festa della Dedicazione: Dio non è con loro, essi non lo amano, non sono dei suoi, vogliono la sua distruzione.


La disputa sul sabato (Gv 5,9-2.18)

Il Vangelo di Giovanni, più che nei sinottici, evidenzia marcatamente il contrasto tra i sacerdoti, scribi e farisei, e Gesù. Questo miracolo che Gesù compie di sabato accende l'ira dei sacerdoti, esso è contrario alla Hǎlãkãh. Persino l'infermo guarito non può spostare il suo giaciglio e viene interrogato «Chi è l'uomo che ti ha detto "Prendi e cammina?"». Infine, saputo che era stato Gesù, a fare queste cose di sabato, cominciarono a perseguitarloGesù, quindi, rispose «Il Padre mio opera sempre (e) anch'io opero.».

Per questo motivo allora i Giudei cominciarono a cercare di ucciderlo, perché non solo violava il sabato ma si faceva Figlio di Dio; ciò era, infatti, per la legge Mosaica, un peccato di apostasia per il quale era prevista la morte per lapidazione.


Le opere e il potere del Figlio (Gv 5,19.30)

Gesù cerca di motivare e giustificare il suo comportamento affinché possano credere. Il Figlio non può fare nulla da sé stesso, egli fa, infatti, ciò che il Padre fa e ciò che gli ordina di fare. Vi è quindi piena comunione di intenti nella piena sottomissione del Figlio al Padre. Come, infatti, il Padre fa grandi cose e risuscita i morti e dà la vita a chi vuole, così fa anche il Figlio. Qui Gesù allude al fatto risaputo che Dio dà la vita o la morte senza limitazioni di sorta o sabatiche, giustificando il suo operare in giorno di sabato. Gesù continua affermando che il Padre ha messo il giudizio nelle sue mani in quanto Figlio dell'uomo e affinché tutti onorino il Figlio parimenti al Padre. Pertanto, chi non onora il Figlio non onora il Padre. Infatti, coloro che crederanno in Gesù ed in colui che lo ha mandato avranno la vita eterna senza incorrere nel giudizio e tutti coloro che sono nei sepolcri ascolteranno la sua voce e coloro che hanno fatto il bene ne usciranno per la resurrezione della vita, coloro che hanno praticato il male per la resurrezione del giudizio.

Il v. 30 conclude sottolineando che il giudizio del Figlio è giusto perché emesso secondo la volontà del Padre, nel senso di criteri di giudizio del Padre. Chi crede in Dio e nel Figlio, in senso gnostico, o demoniaco, cioè credere nel senso di conoscere ma seguire il proprio piano, passerà attraverso il giudizio. Chi crede in Dio e nel Figlio, in senso di fede e amore che conduce a lavorare nella vigna del Signore, cioè adesione alla Basilea o Signoria di Dio, non passerà attraverso il giudizio giacché è già nella Basilea.


Le testimonianze in favore di Gesù (Gv 5,31.47)

Gesù inizia la questione puntualizzando che non è lui a testimoniare su sé stesso, perché in tal caso la testimonianza non sarebbe valida. Continua quindi portando le testimonianze fattegli dal Battista e da Mosè, ed in conclusione quella ben più importante e decisiva fattagli dal Padre attraverso le opere che egli compie in quanto Figlio di Dio. A questo punto, scuote gli interlocutori, Sacerdoti, scribi e farisei, rivoltando su di loro il ragionamento accusatorio: Voi non avete mai ascoltato la sua voce né avete mai visto la sua figura, perché voi non credete a colui che egli ha mandato. Ma io vi ho conosciuto: non avete in voi l'amore di Dio. L'accusa di Gesù è gravissima: Dio non è nei loro cuori, non lo amano, non si trovano in agape con lui, per questo non riconoscono e non comprendono le parole di Gesù. Inoltre, per lo stesso motivo, infatti, scrutano le scritture ma non le comprendono e non capiscono che anche esse gli rendono testimonianza a partire dal Deuteronomio. Per questo motivo saranno giudicati e condannati da Mosè perché hanno conosciuto la legge senza obbedire ad essa e non hanno compreso la testimonianza di Mosè in suo favore.


La Confessione di Pietro

In prossimità della conclusione del periodo d'insegnamento Gesù si accinge a congedarsi dal mondo, ritenne quindi di dovere preparare apostoli e discepoli a quell'evento. L'episodio della Trasfigurazione è preceduto e preparato dalla confessione di Pietro, dalla profezia della passione e dall'incarico delle simboliche chiavi. Gesù, in sostanza, prima di mostrarsi nella sua essenza divina, chiede ai suoi discepoli cosa pensano di lui la gente ed essi stessi. La gente pensa che Egli sia il Battista, Elia o Geremia o un profeta risorto. Il pensiero dei discepoli e soprattutto quello degli apostoli è ben diverso, essi hanno condiviso gli insegnamenti di Gesù, hanno assistito ai suoi momenti di preghiera a tu per tu con il Padre ed ai miracoli, lo conoscono molto più intimamente e credono in lui.

Alla domanda "Voi chi dite che io sia?" Risponde Pietro per tutti:

"Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente" (Mt 16,16); "Tu sei il Cristo" (Mc 8,29); "Il Cristo di Dio" (Lc 9,20); "Tu sei il Santo di Dio" (Gv 6,69).

La Confessione di Pietro, che corrisponde nel rituale ebraico alla Festa dell'Espiazione, riportata con lievi differenze nei Vangeli, è a mio avviso conforme al linguaggio biblico, e adeguata alla conoscenza che gli apostoli avevano a quel momento di Gesù, e tra questi soprattutto Pietro che attraverso una precedente rivelazione aveva raggiunto una maggiore consapevolezza.

La risposta di Gesù in Mt 16,17.20 è: …«Beato sei, Simone figlio di Giona, perché carne e sangue non te (l')hanno rivelato, ma il Padre mio nei cieli. E io allora a te dico che tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia assemblea e le porte dell'Ade non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli e tutto ciò che leghi sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che sciogli sulla terra sarà sciolto nei cieli». Quindi comandò ai discepoli che non dicessero ad alcuno che egli è il Cristo.

La profezia della passione

Gesù conoscendo lo svolgersi escatologico degli eventi, preannunciato da Isaia in 52-53 et Zac 13,7.9, conoscenza testimoniata ripetutamente nei Vangeli, cominciò, da quel momento, a dire ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme. Spiegò anche che, lì, gli anziani, i sacerdoti e gli scribi, lo avrebbero fatto uccidere, ma che sarebbe resuscitato il terzo giorno (Mc 8,31 et 9,31 et 10,33.34 e paralleli).
I discepoli ne furono molto turbati e Pietro lo affrontò dicendo:

«Signore, (Dio sia) misericordioso con te; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro:
«Va' dietro a me, satana! Mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!» Mt 16,22.24.

Gesù continuò dicendo ai suoi discepoli che chi volesse seguirlo avrebbe dovuto rinnegare sé stesso e prendere la propria croce. Infatti, continuò ad affermare che chi volesse salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa sua, la troverà! Infatti, un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde la propria anima, che guadagno ha?
Il figlio dell'uomo, infatti, sta per venire nella gloria del Padre, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni. La reazione di Pietro sembra apparentemente in contrasto con la confessione che ha appena fatto. In realtà tale reazione, seguita dal richiamo del Maestro, mostra com'è insita nell'umana natura una debolezza e fragilità che ci pone nella condizione di fare un passo indietro di fronte alle difficoltà che si prospettano, anche quando vi è in noi consapevolezza. Sempre l'uomo cede alla tentazione della carne e rinvia o allontana da sé il momento di accettare la Croce. Così Gesù risponde col suo insegnamento e col suo esempio. Si è molto discusso anche sulle differenti risposte di Pietro riportate dai quattro Vangeli, che supporrebbero un diverso grado di consapevolezza dell'apostolo, che potrebbe derivare dai diversi tempi di stesura dei testi. Taluni ritengono, per esempio, che il Vangelo di Matteo riporti una descrizione degli avvenimenti in cui è insita la conoscenza di fatti successivi o comunque più matura. Da parte mia ritengo, come già detto, che le scritture siano comunque coerenti soprattutto nel loro insieme, più che in singole parti. Ciò è fondamentale se non si vuole rischiare di perdersi dietro a dispute che allontanano dal vero valore che esse racchiudono.

Tutti i Vangeli riportano in ogni modo a mio avviso, come ho già evidenziato, una confessione di Pietro esaustiva alla domanda di Gesù in quel contesto. D'altronde la risposta piena della conoscenza, ma anche del riscontro certo, la darà Tommaso, dinanzi al costato aperto di Gesù: (Gv 20,28) «Mio Signore e mio Dio!». Ciò mostra, appunto, una stesura coerente e fresca dei testi.

La Festa delle Capanne Gv 7,1.53

L'avvenimento della trasfigurazione, così come tutti gli altri grandi avvenimenti della vita di Gesù, s'inserisce all'interno delle festività ebraiche e comunque di accadimenti biblici del Vecchio Testamento che trovano una rinnovata forma nel Nuovo Testamento.

L'avvenimento, su cui aveva profetizzato per il suo futuro valore messianico Zaccaria 14,16.17, riguarda le festività autunnali dei Sukkòt-Capanne che durano sette giorni (Lv 23,33.44; Nm 29, 12.39; Ne 8,14.18).
Di questi giorni il sesto coincide con la Trasfigurazione di Gesù. Queste festività sono precedute dalla Festa dell'Espiazione o Yòm Kippùr (Lv 23,27.31; Nm 29,7.11), che corrisponde al giorno della confessione di Pietro. Queste feste si ricollegano ideologicamente a quell'Israele che aveva vagato per lunghi anni nel deserto, abitando nei Sukkòt. Lì, il popolo aveva pregato Dio per l'acqua e per il raccolto. Ma, si ricollega anche all'alleanza con Dio tramite Mosè (Es cc. 23 a 34). Questi, infatti, dopo aver piantato la Tenda della rivelazione (Es 33,7.11) parlò con il Signore, il quale gli consegnò le Tavole con i Dieci Comandamenti.

Pertanto, questa festa di ringraziamento per il raccolto si fece col tempo anche festa di speranza di salvezza, dove le tende divenivano luogo d'attesa dei giusti per la salvezza d'Israele.


La Trasfigurazione

Mt 17,1.5: 1E sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. 2E fu trasfigurato davanti a loro e il suo volto splendette come il sole e le sue vesti divennero bianche come la luce. 3Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. 4Allora, intervenendo, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello (per) noi essere qui, se vuoi farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia». 5Egli ancora parlava, quando una nube luminosa li avvolse. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l'amato, in cui mi sono compiaciuto, Ascoltatelo».
La tradizione indica il monte Tabor come luogo dell'evento.
Lc 9,30.31 testimonia in più che Gesù con Mosè ed Elia: parlavano del suo esodo, che stava per compiere in Gerusalemme.

Teologicamente, i sinottici affermano così il realizzarsi dell'attesa, in Israele, della visita dei Giusti nelle tende della Festa delle Capanne, sancendo in sostanza che i tempi messianici erano arrivati. Testimoniano ancora, che l'agire di Gesù scaturisce dalla volontà del Dio Padre Yhwh (Jahwèh) e che la sua passione e morte libererà l'uomo, aprendogli la via per la salvezza eterna.
I tre discepoli divengono così i testimoni:
Gesù è in intimità col Padre e risplende di una luce che non proviene soltanto dal Dio Padre, ma che egli emana poiché egli stesso Dio. Qui si nota la differenza con Mosè che, sceso dal Sinai, dopo aver parlato con Dio, aveva il volto luminoso, ma quella era una luce riflessa. È, ancora, rilevante, il secco ordine di Dio: "Ascoltatelo", per confermare che Gesù è Verbo, Logos, Parola di Dio fra gli uomini, la Torah in persona.


Claudio Gualtiero Maria Sala