I Detti e I Miracoli

Il Miracolo Dei Dieci Lebbrosi; miniatura dal Codice De Predis
08.02.2025 #religionecattolica
I Detti e I Miracoli
Estratto dal Libro Trinoteuco tomo I; Ia edizione
01-2024 Gedi Digital: ISBN: 979-12-22802-70-1
Capitolo VII – Il Verbo e la sua oggettivazione (parte II),
pag. 94>99.
I Detti
In generale valgono le considerazioni fatte per le parabole, ovviamente i detti sono sintetici e pregni di significato. Essi, completano e rifiniscono assieme a parabole, miracoli e giunzioni eseguite dai discepoli, il corpo esterno dello scheletro portante narrativo e teologico dei tre sinottici. Essi contengono il logos più autentico di Gesù e possono essere aforismi, esortazioni o proverbi. Quando hanno la funzione di stigmatizzare memorabilmente l'effetto alla causa, in forma sentenziale e con forte impatto psicologico, vanno definiti come apoftegmi, dal greco ἀπόφϑεγμα, forma letteraria preferita da Marco. Non faccio quindi rientrare, per mia scelta, i discorsi anche se brevi, non ritenendo di accogliere nella fattispecie il significato più ampio del termine detto, che includerebbe tutto ciò che viene detto. D'altronde il discorso teologico, in senso più ampio, è trattato nelle altre diverse parti del testo. Alcuni studiosi di critica testuale hanno tentato di estrapolarli dal contesto in cui sono stati inseriti, per cercare di individuare un possibile più corretto contesto. Nello stesso tempo, altri studiosi, seguendo anche il metodo di analisi della forma, hanno cercato di individuare i detti autentici di Gesù. In sostanza, quelli ben collocati in una situazione concreta dove è insito il carattere giudaico, evidenziandoli rispetto a quelli che derivano o hanno subìto aggiustamenti dalla successiva tradizione cristiana. Riuniti in raccolte, in fase redazionale dei testi, gli evangelisti li hanno utilizzati all'interno di parabole, discorsi o narrazioni.
Le fonti dei testi canonici sono Marco,
Matteo e Luca con le fonti Q M L.
Vi sono, ovviamente, anche fonti extra
canoniche dei detti, che in tal caso gli studiosi identificano come logia/λόγια
(pronuncia = loghia; sing. Logion-λόγιον), definiti àgrapha/ἄγραφος (non
scritti) di Gesù. Tra queste fonti apocrife si cita il Vangelo Copto di
Tomaso, che è essenzialmente una raccolta di λόγια Ἰησου.
Ai detti già esposti in questo testo ne aggiungo alcuni altri, utili alla completezza teologica e d'insegnamento morale. Li riporto fedelmente, ma solo nella parte che la critica testuale ritiene di potere attribuire a Gesù, tralasciando le parti esplicative che hanno carattere redazionale:
- Udiste che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi poi uccidesse sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico che chiunque si adira col proprio fratello sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dicesse al fratello "Empio-ῥακά", sarà sottoposto al sinedrio; e chi poi (gli) dicesse "Pazzo-μωρέ", sarà sottoposto al fuoco della Geènna (Mt 5, 21.22).
- Udiste che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, così che diveniate figli del Padre vostro celeste; che fa sorgere il suo sole su cattivi e buoni, e fa piovere su giusti e ingiusti (Mt 5,43.45).
- Udiste che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non resistere al malvagio; anzi, se uno percuote la tua guancia destra volgigli anche l'altra (Mt 5,38.39), a chi ti prende il mantello, non rifiutare neanche la tunica (Lc 6,29).
- Ancora udiste che fu detto agli antichi: Non giurerai il falso, ma manterrai al Signore i tuoi giuramenti. Ma io vi dico: (di) non giurare affatto: né per il cielo, perché è trono di Dio, né per la terra, perché è sgabello dei suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è (la) città del grande re, né giura per la tua testa, perché non puoi fare bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; perché il di più di queste cose viene dal maligno (Mt 5,33.37).
- Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati; date e vi sarà dato, una misura buona, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio (Lc 6, 36.38). E come volete che gli uomini facciano a voi, così fate a loro (Lc 6,31). Questa, infatti, è la Legge e i Profeti (Mt 7,12).
- È più facile a un cammello passare attraverso la cruna di un ago, che a un ricco entrare nel Regno di Dio (Mc 10,25).
- Nessuno che mette mano all'aratro e guarda le cose dietro è adatto al Regno di Dio (Lc 9,62).
- Ecco, vengo come un ladro. Beato chi veglia e custodisce le sue vesti per non andare nudo e scorgano la sua vergogna (Ap 16,15).
- Il problema che Gesù si pone è fondamentalmente quello, come abbiamo già avuto modo di vedere, di oltrepassare la legge per mostrare la Giustizia Divina.
Dunque, non è sufficiente il semplice affermarsi del "non uccidere", cui ovviamente non può che corrispondere una pena adeguata. L'Ira che è spesso a base dell'omicidio deve pure essere punita, chi vi si abbandona, infatti, accetta il rischio di camminare su quel filo sottile la cui sola incertissima resistenza separa dalla tragedia. L'Ira soffoca l'io razionale liberando di colpo da ogni controllo la nostra emotività. La nostra personalità muta bruscamente ed in pochi istanti non siamo più noi, ci trasformiamo in esseri brutali ed irrazionali. Persino le nostre emozioni cambiano, e proviamo piacere nel distruggere anche ciò che invece amiamo di più. L'Ira, dunque, deve essere proscritta preventivamente, prima dunque che possa sfociare in delitto o peggio in omicidio.
Non basta però che la teniamo lontana da noi, dobbiamo anche evitare di farla esplodere nel nostro prossimo.
È quindi nostro dovere ed obbligo morale evitare di offendere o provocare.
Il termine greco ῥακά può avere il significato di stupido o anche abominevole. Non ho considerato stupido giacché il successivo termine μωρέ significa pazzo o anche stupido, pertanto, si sarebbe avuta un'insensata duplicazione della lezione. Nello stesso tempo, ho considerato che per un ebreo la cosa più abominevole è essere empi. D'altro canto, l'accusa di empietà era frequente al tempo di Gesù, a causa delle molteplici diversità settarie, ma anche all'interno dei gruppi e delle caste più importanti. Inoltre, viene indicato il Sinedrio come competente per la fattispecie. Pertanto, ho ritenuto meglio contestualizzato e pertinente l'utilizzo del termine empio al posto di abominevole.
- Il Padre celeste fa sorgere egualmente il suo sole sui buoni e sui cattivi, allora noi che siamo i suoi figli dobbiamo amarci l'un l'altro ed essere perfetti nell'amore come lo è il Padre; pertanto, anche noi ameremo i nostri nemici. L'amore di Dio si manifesta come giustizia, non come affettività umana che si rivolge alla compagna, o ai figli, o alle persone, cose ed animali che ci sono più vicini e cari. Dio è il creatore di tutte le cose, il suo amore si manifesta nella creazione e per la creazione. L'amore umano per il nemico, non può essere, quindi, un amore che scaturisce dal cuore, cui non si comanda, deve invece essere una scelta d'amore verso il Dio creatore, che ci farà abbracciare la sua Giustizia. Con una scelta di vita dobbiamo fare nostro il linguaggio divino, la sua Giustizia, vale a dire: non negare il necessario a nessuno, neppure al nemico.
- Gesù radicalizza il suo linguaggio e puntualizza, non vi opponete al malvagio, subite, mostrando però una calma pregna di dignità disarmante. La vostra calma, infatti, non deve essere provocatoria perché altezzosa o piena di scherno, bensì induttiva di riflessione, prova di semplice fermezza morale, carattere vero. Atteggiamento, questo, diametralmente opposto a quello dell'individuo che ci aggredisce.
Tale reazione, non era comunque estranea alla cultura giudaica, si pensi all'accettazione delle dominazioni straniere, che erano sopportate purché si permettesse loro libertà di culto. Più specificatamente si richiama l'episodio degli scudi votivi sotto Ponzio Pilato, quando nello stadio di Cesarea i Giudei furono circondati dai soldati romani. In quell'occasione Ponzio Pilato, vista la determinazione di costoro a non accettare quegli scudi votivi considerati profanatori della Città Santa, ordinò ai soldati di sguainare le spade. A quell'ordine i Giudei risposero inginocchiandosi reclinando il capo in avanti e mostrando il collo. Il prefetto romano, che era grandemente infastidito dalla loro cocciutaggine, dovette comunque riconoscere la loro tenacia religiosa. Comunque, gli scudi votivi furono rimossi senza spargimento di sangue.
- La fermezza morale che deve esserci propria, il cui fondamento è la giustizia divina, non può dare spazio alla menzogna. Dio sulla terra può essere contemplato solo attraverso la Verità affermata. La Verità è perfezione, Giustizia divina affermata.
L'uomo, dunque, nella sua piccolezza non giuri per la Verità, perché essa è cosa ben più grande di lui. Si limiti dunque l'uomo a non mentire o peggio giurare il falso, e il suo parlare sia solo "Sì, sì" oppure "No, no".
La forma della doppia attestazione, utilizzata probabilmente anche come forma di giuramento in alcuni ambienti ebraici, è ripresa da Gesù, ma utilizzata soltanto per dare un valore rafforzativo all'attestazione, attraverso un'immediata e successiva conferma, ma non certo come forma di giuramento che entrerebbe in evidente contraddizione con il discorso poco prima fatto. La doppia attestazione, utilizzata in Matteo con il linguaggio radicalizzante di Gesù, può però essere intesa secondo l'esplicativa formula in Gc 5,12 "Ma di voi il Sì sia sì e il No no, affinché non cadiate sotto il giudizio".
- Se il Padre è misericordioso, anche i figli non possono essere meno, dunque, non emettiamo facili giudizi e condanne, perdoniamo invece, giacché se non saremo stati meno del Padre, il Padre non sarà meno di noi. Perdoniamo dunque e ci sarà perdonato. La misericordia però deve anche essere attiva e fattiva, deve dispiegarsi nel nostro agire quotidiano. A chi ha bisogno e ci chiede, non voltiamo le spalle (Mt 5,42): l'indifferenza, infatti, uccide l'altro ma anche la nostra anima. Diamo dunque, perché saremo ricolmati d'ogni bene dal Padre nostro. Applichiamo quindi la regola d'oro, facciamo agli altri ciò che vorremmo che gli altri facciano a noi! Questa è la vera legge e il vero insegnamento dei profeti. Affermando quindi il principio che la legge mosaica non deve essere abolita, ma soltanto interpretata e applicata secondo il criterio della Giustizia Divina.
- La lezione in Mc 10,25, espressa in modo radicale da Gesù, secondo anche un certo stile rabbinico in uso a quel tempo, è immediatamente mitigata dalla lezione successiva. Essi (i discepoli), ancora stupiti, dicevano tra loro: «E chi può salvarsi?». Ma Gesù, guardandoli in faccia, disse: «Impossibile presso gli uomini, ma non presso Dio! Tutte le cose, infatti, sono possibili presso Dio» (Mc 10,26.27). L'uomo, con tutto sé stesso, deve fare ciò che gli è possibile fare, giorno dopo giorno, cercando di adempiere la volontà di Dio, poi la Provvidenza e la Misericordia divina faranno il resto. Nessuno che intraprende la via verso Dio lo può raggiungere se cambia direzione. Però chi cade e si rialza e non perde la direzione, perché essa è nel suo cuore e nella sua mente, con l'aiuto dello Spirito Santo e della Misericordia divina completerà il cammino verso il Regno di Dio.
- Il linguaggio di Gesù è radicale, mostra la Giustizia divina nella sua perfezione, come punto di riferimento cui guardare. È evidente che la perfezione non è propria della natura umana. L'uomo non può pensare di potersi incamminare verso la perfezione con le sue sole forze. Questa sarebbe una grave presunzione, la cui conseguenza non può che essere un'amara sconfitta. La strada da seguire è quella di rimettersi alla misericordia divina e di non distogliere lo sguardo dal suo insegnamento. Io non devo assolutamente cadere, lo voglio con tutto me stesso perché amo il Padre mio che è nei cieli. Se però cado, subito mi rialzo, non posso restare lontano dal suo insegnamento, la sua voce mi chiama, tocca il mio cuore, e percorre la mente sino alla profondità della mia anima. Su di Lui riconduco il mio sguardo ed implorando il perdono invoco l'aiuto del Santo Spirito, certo della sua infinita misericordia. Questo è ciò che in definitiva vuole da noi, per questo ci parla, ci chiama. Per questo è venuto tra noi ed è morto per la remissione dei peccati. I peccati sono rimessi a chi, abbandonandosi a Lui, pone nel suo cuore la Signoria di Dio. I suoi giusti sono giustificati.
Notiamo subito la diversità rispetto alle Beatitudini o ad altri insegnamenti riservati ad Apostoli e discepoli. Qui le esortazioni e gli insegnamenti sono meno distanti dalla natura umana. Tuttavia, in generale ci sembrano irraggiungibili e ovviamente Calvinisti, Luterani ed Evangelici hanno mosso alcune obiezioni, tra queste:
1) Gesù sa che i suoi sono insegnamenti inattuabili e vuole dimostrare la nostra incapacità ad osservarli per spingerci verso la fede in Lui, unica via di salvezza. È inoltre evidente una forma di perfezionismo etico che di fatto ripristina una forma di Legge, pertanto, insegnamento eretico che non segue il principio Paolino della salvezza per fede.
2) La predestinazione esclude il libero arbitrio, pertanto non sono le opere a condurre alla salvezza ma bensì la sola fede secondo il principio Paolino.
3) Si tratta, tuttalpiù, di etica temporanea, vale a dire di leggi eccezionali da seguire per l'ultimo tempo, prima dell'apocalisse.
Brevemente ritorniamo a rimarcare: È verissimo, l'uomo da solo soccombe alla legge ed ancor più alla Giustizia Divina. Ma attraverso la fede e la filiazione col Padre nell'Agape o Basilea, giunge a noi il dono del Santo Spirito, che ci aiuterà ad uccidere i peccati della carne. Non si può avere fede e rimanere nel peccato! (Rm 6,1.2; 6.12.15; 6,22.23; 8,12.17; si veda il capitolo sulla teologia paolina).
I Miracoli
Jeshû ben Josef, il Figlio dell'uomo, il Cristo, è anche un Giudeo, che percorreva in lungo e in largo le terre d'Israele. Porta conforto e speranze di salvezza a quel suo popolo pieno di contraddizioni e martoriato dalla miseria e dalle malattie. Un popolo fiero, che aveva da sempre creduto di essere il popolo eletto, prescelto dal Dio di Abramo, che ora soggiaceva sotto il pesante giogo romano. Egli è Giustizia Divina in persona che attraversa quelle miserie umane. Allora le sue mani cariche di amorevole Giustizia si protendono verso la sofferenza e comanda la guarigione, che arriva pronta, immediata. Ancora vediamo l'universo piegarsi introverso, Lui al centro, male e bene lì convergono, componenti di quell'evento straordinario: la guarigione, la resurrezione, il miracolo. I Vangeli narrano di moltissimi miracoli di Gesù; se per un verso le parabole sono parola/logos/mysterium, essi sono i fatti-facti. Se la parola annuncia e spiega il mistero del Regno di Dio e la via per raggiungerlo, i miracoli ne mostrano l'esistenza trasferendo sulla terra la Potenza Divina che sana, guarisce, riconduce all'ordine ed al giusto. Tuttavia, il miracolo non è finalizzato a far credere in maniera esplicita. Gesù vuole una fede cieca per amore, infatti, non è il miracolo a generare la fede, bensì il contrario. Ad alcuni farisei che gli avevano chiesto un segno, dopo un profondo sospiro, rispose in Mc 8,12: «Perché questa generazione cerca un segno? In verità vi dico: magari fosse dato a questa generazione un segno».
In tal senso, possiamo notare che alcuni miracoli sono narrati in una forma più asciutta ed altri in forma più enfatica e narrativa. I primi hanno un logos più antico e palestinese mentre nei secondi si nota una matrice successiva di tipo giudaico-greca. Pertanto, e probabile, a dire della critica testuale, che questi ultimi derivino da fonti orali.
Riprendendo il discorso, concludiamo che Gesù annunziava il Regno, nello stesso tempo, però, poiché Dio, egli era il Regno in quel luogo e in quell'istante, solo in quel luogo e in quell'istante del suo permanervi: Lc 11,20: «Se invece io scaccio i demoni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il Regno di Dio / εἰ δὲ ἐν δακτύλῳ Θεοῦ ἐγὼ ἐκβάλλω τὰ δαιμόνια, ἄρα ἔφθασεν ἐφ' ὑμᾶς ἡ βασιλεία τοῦ Θεοῦ» (detto illuminante, riportato similmente anche da Mt 12,28). Egli, poiché giustizia, portava giustizia nello spirito con il Verbo e nel corpo con il Miracolo. Dovunque sia andato non ha rifiutato un miracolo a chi l'ha chiesto con fede.
Claudio Gualtiero Maria Sala