Il Dogma della SS. Trinità

Trinità, ospitalità di Abramo. Galleria Tret'jakou di Mosca - Andrej Rubleu. 1
08.01.2025 - #religionecattolica
Il dogma della SS. Trinità
Alcuni riferimenti nel Vecchio Testamento
Nel VT abbiamo diversi punti dove i profeti parlano di Dio, del Santo Spirito, e della venuta di un Messia, lasciando quindi intravedere un triplice modo del manifestarsi del Dio di Abramo, il cui titolo in ebraico è Elohim.
Riporto ad esempio qualche citazione:
- Genesi 1,26:
« Dio disse: Facciamo l'uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza»
«Καὶ εἷπεν ὁ Θεός· Ποιήσωμεν ἄντρωον κατ᾿ εἰκὀνα ἠμετέραν καὶ καθ᾿ ὁμοίωσιν»
Questo passo, a parere di molti studiosi, suggerisce già una forma plurale di Dio, la qual cosa ci rimanda alla bibbia ebraica dove il termine "Dio" viene espresso con il termine "Elohim" che nella grammatica ebraica è singolare ma talvolta viene usato come plurale ricollegandosi alla parola elohah di derivazione politeistica.
Si tratta di un omonimo che può indicare Dio ma anche angeli, sovrani, giudici o grandi personaggi.
La scelta delle parole per indicare Dio è varia nella Tanakh o Bibbia ebraica. Secondo un'ipotesi documentale queste differenze suggeriscono diversi testi di partenza: elohim è usato come nome di Dio nella fonte Elohista ed in quella Sacerdotale, mentre Yahweh è usato nella tradizione jahvista. La critica delle forme e studiosi suggeriscono che la differenza dei nomi potrebbe derivare da diverse origini geografiche.
Altri sostengono si tratti semplicemente di un plurale maiestatis, cioè che serve ad enfatizzare per esaltarne la grandezza, altri ancora, e parte della Chiesa, suggeriscono che il concetto possa indicare Dio e gli angeli.
Dal canto mio, come tanti anche nella Chiesa, ritengo che se il Sacro Libro avesse voluto definire meglio lo avrebbe fatto; pertanto, ritengo si tratti semplicemente di un pluralis exellentiae o maiestatis.
D'altronde i versetti che nel VT mostrano una forma trinitaria di Dio sono tantissimi e non vi è pertanto necessità di forzare interpretazioni in tal senso, né di dire più di quanto tale versetto dica.
- Genesi 1,2 introduce lo Spirito Santo: «Lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque»
- Salmi 104,30: «Mandi il tuo Spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra».
- Gdc 6,34: «Ma lo Spirito del Signore rivestì Gedeone»
- Gdc 11,29: «Allora lo Spirito del Signore venne su Iefte»
- 1Sam 16,13: «Lo Spirito del Signore si posò su Davide da quel giorno in poi»
- 2Sam 7,12,17 Visione profetica di Natan su un discendente di Davide di cui Dio dice: «Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio»
- Ez 34,23 che profetizza: «Susciterò per loro un pastore che le pascerà ... .»
- Isaia 7,14 che profetizza: «Ecco la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuel (che significa Dio è con noi)».
- Isaia 11,1.9 che preannuncia il discendente di Davide su cui si poserà lo Spirito del Signore.
- Isaia 53 che descrive la crocefissione di Gesù.
E tanto altro.
Alcuni riferimenti nel Nuovo Testamento
Ovviamente i riferimenti sono tantissimi e molto chiari, dando così una forma concreta al concetto di Trinità, anche se la coniazione del termine Trinità sarà più tarda.
Riporto di seguito alcune citazioni:
- Mt 3,16:
«Dopo battezzato, Gesù risalì subito dall'acqua: ed ecco, si aprirono a lui i cieli e vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui.»
«βαπτισθεὶς δὲ ὁ Ἰησοῦς εὐθὺς ἀνέβη ἀπὸ τοῦ ὕδατος καὶ ἰδοὺ ἠνεῴχθησαν οὶ οὐρανοί, καὶ εἶδεν πνεῦμα θεοῦ καταβαῖνον ὡσεὶ περιστερὰν ἐρχόμενον ἐπ' αὐτόν»
- Mt 28,19:
«Andate, dunque, e fate discepole tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e del Santo Spirito».
«πορευθέντες οὖν μαθητεύσατε πάντα τὰ ἔθνη, βαπτίζοντες αὐτοὺς εἰς τὸ ὄνομα τοῦ πατρὸς καὶ τοῦ υἱοῦ καὶ τοῦ ἁγίου πνεύματος»
- Gv 14,26:
«Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi farà ricordare tutto ciò che io vi ho detto.»
«ὁ δὲ παράκλητος τὸ πνεῦμα τὸ ἅγιον, ὃ πέμψει ὁ πατὴρ ἐν τῷ ὀνόματι μου ἐκεῖνος ὑμᾶς διδάξει πάντα καὶ ὑπομνήσει ὑμᾶς πάντα ἃ εἶπον ὑμῖν ἐγώ.»
E tanto altro.
Il legame col Vecchio Testamento e l'archetipo trinitario;
Estratto dal libro TRINOTEUCO Tomo I,
Ia edizione Gedi Digital gennaio 2024 ISBN: 979-12-22802-70-1;
Cap. V, Le Sacre Scritture e l'Archetipo Trinitario (pag. 61>62)
È importante evidenziare che nel Nuovo Testamento si realizza ciò che si preannuncia nel Vecchio, formandosi un'unità perfetta dei testi. Questi, infatti, anche se provenienti da diversi autori, con diverse estrazioni sociali e culturali e da diversi periodi storici distanti anche molti secoli, mostrano una straordinaria unità e coerenza teologica e dottrinale.
Possiamo, infatti, affermare, grazie allo stretto legame tra Vecchio e Nuovo Testamento, che Gesù di Nàzareth, è secondo le Sacre scritture, il figlio del Dio di Abramo Yhwh (Jahwèh).
Nel Deuteronomio, l'ultimo dei cinque libri del Pentateuco, vi si trova il chiaro annunzio della venuta di Gesù:
Dt. 18,15 «Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta pari a me: lui ascolterete».
In un momento in cui il popolo d'Israele stava per conquistare le terre promesse, Dio diede a Mosè diverse prescrizioni cui attenersi. Tra queste vi è quella che riguarda il divieto di far ricorso agli indovini o ai maghi o anche ai morti per cercare di prevedere il futuro. Dio, allora, ammonì il suo popolo promettendo un profeta pari a lui.
È evidente che il Profeta a cui Dio si riferisce è in contrapposizione a ciò che fanno i maghi o gli indovini; quindi, di certo non predirà il futuro perché se ne traggano vantaggi terreni. Questi, opererà solo per il bene, insegnando le vie della salvezza spirituale e indicherà i sentieri che portano a Lui.
Egli sarà più grande dello stesso Mosè, con cui Dio parlava come sì parla con un amico, ma a cui non aveva concesso di vedere il suo volto, infatti, così Mosè chiedeva a Dio: Es 33,18.20 «Mostrami la tua Gloria» … la richiesta non fu accolta … «Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo».
Questo nuovo Profeta, invece, sarà pari a lui stesso, e vedrà Dio a faccia a faccia, e poiché suo pari ne avrà la conoscenza assoluta e le sue parole saranno quelle di Dio: Mt 11,27 Tutto mi fu dato dal Padre mio, e nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e (colui) al quale il Figlio lo voglia rivelare.
Gv 14, 6.11 Gli dice Gesù: «Io sono la via e la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se mi aveste conosciuto, anche mio Padre conoscereste, e sin d'ora voi lo conoscete e l'avete visto». Gli dice Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da Tanto tempo sono con voi e non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre.
Come puoi tu dire: "Mostraci il Padre?" Non credi che io sono nel Padre e il Padre in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso, ma il Padre che dimora in me fa le sue opere. Credetemi io (sono) nel Padre e il Padre in me; Se poi non (credete), credete a causa delle opere stesse».
Gv 14,16.17: «E io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito affinché sia con voi per sempre, lo Spirito di verità che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi.
Ecco, adesso è chiaro da dove vengono il sapere e l'autorità di Gesù, il suo non è un insegnamento da uomo a uomo.
Gv 1,1: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e Dio era il Verbo.
Gv 1.14: E il Verbo divenne carne e pose la tenda fra noi, e contemplammo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.
Gv 1,18: Dio nessuno (lo) ha mai visto. L'Unigenito Dio, che è nel seno del Padre, lui (lo) ha rivelato.
È Dio che insegna all'uomo le sue vie.
È questo il senso della promessa e il legame teologico fondamentale tra Vecchio e Nuovo testamento, tra Dio di Abramo e Dio di Gesù e Gesù stesso, tra Dio e i suoi santi per mezzo del Santo Spirito. Il Dio di Abramo, ora, per avvicinarsi di più all'uomo ed essere meglio compreso, si manifesta a lui in forma trinitaria fondandosi così il fondamento teologico su cui si basa il principio dogmatico della Trinità e della consustanzialità.
La formulazione del Dogma della Trinità
Subito dopo la fase di stesura dei sacri testi si ebbe una progressiva maggiore consapevolezza di questo concetto, ne do un breve cenno di seguito.
La Didaché (90-100 d.C.) prescrive che la liturgia battesimale si svolga secondo una formula trinitaria che prevedeva un'immersione in acqua per tre volte. Ciò significa che nel II secolo era già chiaro che il battesimo dovesse essere amministrato secondo la formula: nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
All'incirca nel 202 d.C. Ireneo nella Dimostrazione di fede cattolica dice:
«Per questa ragione, la nostra nuova nascita - il Battesimo - ha luogo grazie a questi tre articoli, che ci portano la grazia della nuova nascita in Dio Padre per mezzo di Dio Figlio nello Spirito Santo. Poiché coloro che portano lo Spirito di Dio sono condotti al Verbo, cioè al Figlio, ma il Figlio li presenta al Padre, ed il Padre dona l'incorruttibilità. Così, dunque, senza lo Spirito non è possibile vedere il Figlio di Dio, e senza il Figlio nessuno può avvicinarsi al Padre, in quanto il Figlio è la conoscenza del Padre, e la conoscenza del Figlio avviene mediante lo spirito Santo.»
Il termine Trinità comunque comincia ad essere usato a partire da Tertulliano e Praxean (Prassea) nel II secolo d.C., ed anche Ilario di Poitiers nel suo De Trinitate. Tuttavia, fu solo dopo lo scontro dottrinale con Ario che la Chiesa dovette mettere dei precisi paletti per arginare le tendenze eretiche del IV secolo.
Infatti, nel IV secolo, in fine, il Concilio di Nicea del 325 d.C. sancisce la consustanzialità tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, dottrina che si accetta con la professione di fede espressa nel Credo di Nicea.
La Trinità viene così definita in teologia come tre ipostasi individuali, cioè tre persone o sussistenze, che hanno e vivono in un'unica essenza o sostanza comune.
Dio al di là dell'archetipo trinitario;
Estratto dal libro TRINOTEUCO Tomo I,
Ia edizione Gedi Digital gennaio 2024 ISBN: 979-12-22802-70-1;
Cap. XX Dio tra Eica e Kerigma (pag. 243>244).
Un altro aspetto interpretativo delle scritture è quello della comprensione e concettualizzazione del Dio del Vecchio e Nuovo Testamento, cercando di guardare più in là del dogma Trinitario o di negarlo.
Andare cioè oltre l'archetipo religioso, cercando tra scienza, teologia e filosofia. Muovendosi però in tale direzione per cogliere l'essenza immanente o trascendente di Dio, con i soli insufficienti mezzi del nostro antropomorfismo, dobbiamo usare grande accortezza.
Infatti, non dobbiamo trascurare che tale tentativo di oggettivazione potrebbe condurci facilmente a posizioni che ci allontanano dalla scrittura. Entriamo dunque con prudenza nel problema.
L'uomo fu creato a immagine e somiglianza di Dio, pertanto, possiede capacità superiori che lo differenziano dagli altri esseri e dalla materia.
I termini della sua essenza sono però finiti, tali sono stati realizzati nella creazione. Nella sua finitezza, all'interno del suo antropomorfismo, l'uomo è capace d'intuire Dio, entità che identifica nell'idea antropomorfa di forma infinita (non immaginabile, non riconducibile a una misura), e di comprenderlo nella sua richiesta posta all'uomo in termini antropomorfi, nel limite della capacità umana. Ne consegue che l'unica idea che possiamo farci di Dio, va cercata dentro di noi in maniera spirituale e non figurativamente strutturata. L'Immanenza per i cattolici o la trascendenza di Dio rimangono imperscrutabili, o campo della fantasia (si veda pp 268>270).
"L'uomo, infatti, definisce ciò che non conosce in proporzione a ciò che conosce", afferma Cusano.
Mi permetto di aggiungere:
"Persino le domande che si pone sono pure proporzionate, non a ciò che non conosce, ma a ciò che conosce di non sapere".
Anche questo, dunque, rimane un problema d'etica religiosa o morale, in poche parole è una viva presunzione porsi la domanda in termini diversi.
D'altronde, si pensi a Mosè che non poteva guardare Dio in volto senza restarne ucciso. Solo la perfezione può vedere la perfezione!
Le Sacre Scritture, nel N.T., ci presentano un Dio che comunica con l'uomo in forma trinitaria, il Padre il Figlio e lo Spirito Santo.
La Chiesa ha quindi operato correttamente definendo ciò che non conosce in proporzione a ciò che conosce, stigmatizzando di conseguenza il rivelarsi di Dio all'uomo nel dogma della trinità. Ciò evita giustamente le eretiche presunzioni di altre interpretazioni.
Claudio Gualtiero Maria Sala