Le Parabole

25.01.2025

Gesù spiega agli Apostoli, miniatura, Bibbia di Borso D'Este.


25.01.2025 - #religionecattolica


Le Parabole

Estratto dal Libro Trinoteuco tomo I; Ia edizione 01-2024 Gedi Digital. ISBN: 979-12-22802-70-1;
Capitolo VII – Il Verbo e la sua oggettivazione (parte I), pag. 91>94.


Definito l'archetipo dogmatico trinitario e il modulo filosofico-teologico, attraverso il quale si oggettualizza nel mondo la Giustizia Divina, Gesù continua la sua predicazione con le parabole. Egli si pone il fine di porre in relazione la nata figura teologica con il vissuto quotidiano dell'uomo. Mette quindi in relazione la Giustizia e l'Uomo, tracciando scelte e indicando percorsi per raggiungere la salvezza nel Regno di Dio. Il soggetto generante si pone, quindi, il problema di una completa comprensione del concetto che ha appena trasferito nel mondo oggettivo o della comunicazione. Va, in ogni modo, subito detto che le parabole sono insegnamenti apodittici e mai casuistici, rappresentano perciò insegnamenti di comportamento morale generale che indicano come si possa e debba fare proprio l'insegnamento della Giustizia Divina nel vivere quotidiano. Sotto tale aspetto definisco la parabola come: Basilea che si dispiega. Questa, infatti, oggettivizza il Regno e ne propone la realizzazione. La parabola, dal greco παραβολή e dall'ebraico mashal, è un particolare genere letterario che mira ad incuriosire, attirando l'attenzione, per poi sorprendere con un inatteso capovolgimento dei comuni comportamenti e valori. Utilizza come strumento espressivo l'allegoria, la metafora, la similitudine, il proverbio, l'enigma, il simbolo, la figura fittizia, e altre. In passato si tentò di utilizzare come unico metodo interpretativo la forma allegorica, in seguito si tentò di dividerle in gruppi, ma ovviamente ciò risultò molto riduttivo. Oggi si ritiene più opportuno non tentare metodi interpretativi chiusi, né sistemi che cerchino in esse un punto saliente. In effetti, ritengo che alla lunga tali sistemi si rivelino inadeguati. Infatti, il Verbo, essendo verità e vita in ogni epoca e luogo, oltre le barriere del tempo e dello spazio, ha la capacità di rendersi interpretabile secondo la cultura d'ogni tempo e luogo. Pertanto, qualsiasi tentativo di legarlo in regole o parametri risulta essere vacuo e presuntuoso. La forma enigmatica del Verbo, come già si è chiarito, è motivata dallo stesso Gesù al fine di non dare le preziose perle della salvezza a chi per durezza di cuore rifiuta di credere in Lui. I destinatari del suo discorso sono coloro che hanno fame e sete di giustizia e vogliono iniziare un percorso di conversione passando dal battesimo che è il segno del cambiamento. Gesù, infatti, spesso spiegherà il loro significato ai discepoli accertandosi che abbiano capito.

Sottolineo che l'approccio con la parabola deve essere pieno di umiltà, così come necessario per la comprensione dell'intera Bibbia. Deponiamo l'arma della nostra capacità speculativa che ci porterebbe inesorabilmente lontani dalla verità e vestiamoci di umiltà. La vera difficoltà non sta nel comprendere letteralmente il Verbo, ma nell'accettarlo pienamente con le conseguenze che ne derivano.

Infatti, la sua accettazione ci porrebbe in immediata contraddizione con il mondo, giacché è rinuncia alle cose del mondo. La ricerca di una speculazione intellettuale in tal senso si radica, infatti, nell'umana debolezza e ci rivela un inconscio desiderio di compromesso. Il linguaggio e i contenuti sono strettamente legati all'essere antropomorfo, è Dio che, poiché essere superiore, si pone e risolve il problema della comunicazione e della comprensione. Solo una nostra presuntuosa vanità potrebbe farci supporre di essere in grado di oltrepassare il nostro limite antropomorfo e comprendere Dio in tutta la sua essenza e con la sua capacità comunicativa, il suo linguaggio. Dio conosce il limite antropomorfo di Mosè nel poter comprendere il suo messaggio e trasferirne i contenuti all'uomo. Gesù si pone pertanto come punto di congiunzione tra la divinità e l'essere antropomorfo, superando la difficoltà di Mosè a stare faccia a faccia con Dio. Solo la perfezione può vedere la perfezione!

Gesù, dunque, ha in sé la conoscenza del Dio Padre, che deve trasmettere all'essere antropomorfo. Il linguaggio che utilizzerà sarà radicato nell'antropomorfismo, il contenuto, invece, sarà radicato nel divino e spinge a superare la debolezza e caducità umana per avvicinarsi il più possibile alla perfezione. Essa, la perfezione, va intesa, però, come idea primigenia del Dio creatore nei confronti della sua creatura, non certo come conoscenza totale e perfezione assoluta propria di Dio. Perfezione umana, dunque, che coincide con l'idea di perfezione che Dio ha della sua creatura al momento della creazione. Gesù, quindi, utilizza ogni esperienza umana fatta nel quotidiano, perché linguaggio dell'uomo, e la rielabora lasciando evidenti i segni del linguaggio umano del suo tempo, ma secondo il senso dell'esistenza che il Dio creatore vuole che la sua creatura abbia. L'Uomo è centrale nel piano che Dio ha sull'universo dell'uomo, ma ciò, tuttavia, non può significare che Dio non abbia altri infiniti piani inconoscibili all'uomo. Fatti questi chiarimenti, che ho ritenuto essenziali per comprendere in generale l'insegnamento di Gesù, passo a esporre alcune parabole. Tuttavia, giacché nell'analizzare gli argomenti ho avuto modo di spiegare su diverse parabole, faccio seguire soltanto dei chiarimenti su poche altre, che ritengo possano fare da sufficiente completamento all'argomento:

Parabola degli operai della vigna

Mt 20.1,16:La moneta con cui tutti saremo ripagati è il Regno di Dio, essa ha pertanto lo stesso valore per tutti quelli che lavorano per la vigna del Signore. Chi inizia prima a lavorare in quella vigna, si trova prima ad abbandonare l'ozio e il vizio e prima accoglie nel suo cuore la Signoria di Dio che è già Regno di Dio; pertanto, non solo non potrà avere di più ma: «Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi - Οὕτως ἔσονται οἰ ἔσχατοι πρῶτοι καὶ οἱ πρῶτοι ἔσχατοι». Il detto, qui, evidenzia che chi aderisce al Regno, in sostanza, non sarà né primo né ultimo, la Giustizia Divina è perfetta. La sua comprensione è tuttavia alla portata dell'uomo, solo perché Dio nella sua perfezione comprende l'uomo e gli chiede e gli dà solo ciò che può comprendere.

Parabola del figlio prodigo

Lc 15,11.32:In questa parabola vediamo Gesù, nella veste del Padre misericordioso, che è felice di avere ritrovato un figlio che si era perso. Così come nell'altra parabola del buon pastore, ritrovata la pecorella che si era smarrita, fa gran festa. Anche in questa parabola c'è fatto comprendere come il semplice aderire al Regno ci pone in eguale posizione rispetto a tutti quelli che già vi hanno aderito, o che mai si sono allontanati da esso. Il figlio più grande, del quale s'intravede tutta la fragilità umana, non essendosi mai allontanato dal Padre, in realtà ha avuto di più; pertanto, i festeggiamenti riservati al figlio ritrovato tendono a compensare ciò che questi si era perso. Tuttavia, anche in una dimensione più umana di visuale, possiamo facilmente comprendere l'abbraccio amorevole e la gioia di un padre che ritenendo perduto un figlio, invece improvvisamente lo ritrova. Gesù, dunque, ci dice che Dio è il Padre che perdona e che attende solo un nostro atto di pentimento sincero, per accoglierci e fare festa grande. Nello stesso tempo il Padre è maestro e dà la sua lezione al figlio più grande, che, pur non avendolo mai abbandonato, non era ancora libero da presunzione e grettitudine. Nessuno è giusto, guai a non sentirsi poveri in spirito per avere fame di giustizia, tutti, però, siamo figli di Dio e possiamo contare sull'insegnamento e sull'abbraccio affettuoso e amorevole del suo Santo Spirito e della sua paterna misericordia.

La pecorella smarrita

Mt 18,12.14: In questa parabola Gesù insegna ai discepoli di perseverare nel tentativo di recuperare alla Basilea i fratelli che sé ne allontanano.
Il Padre celeste, infatti, non vuole perdere nessuno dei suoi piccoli.

Parabola dei due figli

Mt 21,28.32: Parlando ai sommi sacerdoti e agli anziani del tempio, Gesù narrò questa parabola, e domandò "Chi dei due figli fece la volontà del padre?", questi risposero: "Il primo!"

Vale a dire, chi, pur avendo risposto di no alla richiesta del padre, poi si era pentito ed era andato a lavorare nella vigna, giacché il secondo che aveva detto: "Io, signore"; invece non era andato.
I sacerdoti e gli anziani risposero prontamente, come era logico, il primo!
Infatti, non avevano capito che Gesù si riferisse a loro parlando del secondo figlio, perché avevano rifiutato l'invito di Giovanni a battezzarsi.
Così si auto condannarono e Gesù rispose loro che persino i pubblicani e le meretrici sarebbero passati loro avanti perché quelli avevano creduto in Giovanni loro invece pur avendo visto non avevano creduto per la durezza del loro cuore.
Gesù utilizza mirabilmente la parabola, per attrarre l'attenzione e sorprendere, e scuotere le coscienze per insegnare che solo chi lavora nella vigna del Signore si trova nella grazia della Basilea, ma chi decide di non lavorarvi non entrerà o se ne allontana.

Parabola dei talenti

Mt 25,14.30: Gesù si appresta a lasciare i discepoli, e racconta questa parabola, dove i talenti sono doni e strumenti che lui ci affida, aspettandosi di raccoglierne anime secondo le nostre capacità.
Guai a chi non darà frutto, cioè salvezza d'altre anime: Mt 25,29: "Infatti, a chiunque ha verrà dato e sarà nell'abbondanza; ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha".
Un altro splendido detto similmente riportato anche in Mt 13,12.


Claudio Gualtiero Maria Sala